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Concilio di Trento 2

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Messaggio  Maristela Schiavoni Ven Apr 17, 2009 4:54 am

Storia:

Il primo ad appellarsi ad un Concilio che dirimesse il suo contrasto col Papa fu Lutero, già nel 1517: la sua richiesta incontrò subito il sostegno di numerosi tedeschi, soprattutto di Carlo V, che in esso vedeva un formidabile strumento non solo per la riforma della Chiesa, ma anche per accrescere il potere imperiale: la richiesta si scontrò con la ferma opposizione di Papa Clemente VII che, oltre a perseguire una politica filo-francese e ostile a Carlo V, da un lato vi vedeva i rischi di una ripresa delle dottrine conciliariste, dall'altro temeva di poter essere deposto (in quanto figlio illegittimo).

L'idea di un concilio riprese quota sotto il pontificato del successore di Clemente VII, Papa Paolo III (1534 - 1549), che nel 1536 convocò prima a Mantova e poi a Vicenza un'assemblea di tutti i Vescovi, abati e di numerosi principi dell'Impero, ma senza ottenere alcun effetto (a causa del conflitto tra Francesco I e Carlo V).

Dopo il fallimento dei colloqui di Ratisbona (1541) la sua convocazione fu giudicata improrogabile: per quanto riguarda la sede, nel 1542 si stabilì che venisse celebrato a Trento poiché, pur essendo una città italiana, era entro i confini dell'Impero e non del Papato ed era retta da un principe-Vescovo; fu con la pace di Crepy che Paolo III poté finalmente emanare la bolla di convocazione, la Laetare Jerusalem (novembre 1544) e il Concilio si aprì solennemente a Trento il 13 dicembre 1545, III domenica di Avvento, nella cattedrale di San Vigilio, a fare gli onori di casa il principe-Vescovo Cristoforo Madruzzo.

Il Concilio contò inizialmente pochissimi prelati, quasi tutti italiani, e fu quasi sempre controllato dai delegati pontifici. Furono presenti anche alcuni prelati legati al cosiddetto evangelismo, come il Cardinale Reginald Pole. Venne trattata una parte dogmatica, sugli argomenti controversi del tempo, che portò a delle definizioni contrapposte a quelle luterane, come nel decreto sulla giustificazione. Non fu pertanto possibile risolvere il problema dell'accordo con la religione riformata che nel frattempo era stata tollerata nell'impero con l'Interim di Augusta. Venne riconosciuta come ufficiale la versione della Bibbia detta Vulgata, evitando peraltro l'uso del volgare per le Sacre Scritture nel culto. Tra le deliberazioni più importanti dal punto di vista disciplinare ci fu l'obbligo di residenza dei vescovi nelle loro diocesi. Avveniva infatti che i benefici ecclesiastici e i vescovati venissero assegnati generalmente ai nobili, senza che corrispondesse effettivamente l'obbligo di residenza e lo svolgimento dell'incarico.

Tra i cardinali di recente nomina pontificia (Contarini, Sadoleto, Carafa, Fisher e il citato Pole) l'ala prevalente era quella riformista. L'ultima parte del Concilio fu tuttavia dominata dalla imponente figura di Carlo Borromeo, che divenne Arcivescovo di Milano e che era nipote del papa regnante durante gli ultimi anni del Concilio, Pio IV.

Al termine del Concilio diverse questioni che non erano state trattate vennero demandate al Papa e alla curia romana, che negli anni successivi emise altri importanti documenti sulla riforma della chiesa. Fra questi le revisioni del Breviario e del messale, con la conseguente uniformità liturgica della chiesa occidentale con l'adozione universale del rito romano, con l'unica eccezione del rito ambrosiano per la diocesi di Milano, e la scomparsa di tutti gli altri riti occidentali. Furono inoltre pubblicati in seguito il Catechismo Tridentino e l'Indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum).
Maristela Schiavoni
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